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L’accompagnamento terapeutico con la voce e il canto libero

Presupposti per sostenere un processo terapeutico con la voce

Il terapeuta che accompagna un processo terapeutico con la voce e il canto libero deve tenere in conto alcune premesse:

  • Addentrarsi nel mondo del suono per portare alla luce qualcosa può scatenare processi catartici forti, quindi è necessario essere molto attenti e prudenti per poter stare al passo del paziente e sostenerlo con presenza e forza interiore.
  • Il processo con il suono e il canto libero può arrivare molto velocemente all’essenziale, senza perdersi nei labirinti del razionale.
  • Per poter essere una guida il terapeuta deve avere esplorato a fondo la propria voce, in modo tale da conoscere i diversi registri sonori delle emozioni. La voce e il canto libero devono essere una risorsa che può utilizzare con facilità per se stesso. Solo in questo modo potrà proporla facilmente ad un paziente.

Come funziona l'accompagnamento con la voce da parte di un terapeuta

Nella mia esperienza come terapeuta sono abituata a proporre ai miei pazienti di usare la voce come strumento in diverse casistiche. Una delle più frequenti è quando arrivano in uno stato di stress emozionale a causa di un tema specifico. In questi casi bisogna essere consapevoli che sarà difficile affrontare qualsiasi argomento in modo neutro senza prima aver scaricato le emozioni a livello energetico. In queste occasioni può essere utile iniziare con frasi del tipo: “cosa senti? dove collochi questa emozione nel corpo? E “esprimila con il suono”, o anche “come suona quello che mi stai raccontando? Dimmelo con un suono…” etc.

L'ascolto del suono da parte del terapeuta

È importante che il terapeuta ascolti molto bene il suono o il canto del suo paziente. L’ascolto si dà a partire dal corpo, offrendo un rapport fisico a partire dal corpo. In questo modo, ascoltando dal corpo si ricevono informazioni nella forma di immagini o intuizioni, che sono la lingua dell’inconscio.

Inoltre il terapeuta può avvalersi del suo stesso canto per incoraggiare, ispirare o dare il permesso di spingersi oltre. Ciò gli permette di entrare in una sorta di trance, e grazie a questo lasciarsi condurre dalle intuizioni, dall’istinto, dalla creatività che la trance stessa genera. Può cantare insieme al paziente, e quando la persona sta esprimendo una sua ferita personale e talora le dà voce sussurrando, come se non osasse….in quel caso il terapeuta sostenendolo con la sua voce ed il suo canto gli dà il permesso di andare oltre. Quasi come una levatrice, aiuta a partorire la voce che è rimasta in silenzio per un lungo tempo.

In quali situazioni può essere di aiuto l'accompagnamento con la voce e il suono?

I momenti terapeutici che possono essere facilitati dal suono libero e dalla voce sono molto più numerosi di quelli che ho descritto. Però in linea generale il lavoro con la voce può essere di aiuto nelle seguenti situazioni:

  • per esprimere forti emozioni represse, nodi emozionali e blocchi espressivi del paziente
  • per esplorare l’inconscio, ciò che la persona non è nemmeno cosciente di portarsi dentro, e che sta limitando la sua vita.
  • per favorire uno stato di gioia, di permesso attraverso un lavoro emozionale espressivo.
  • per aumentare l’autostima, in quanto quando si canta in questo modo ci si sente meglio con se stessi.

Contesti terapeutici dove si può usare la voce ed il canto libero

Ci sono diversi contesti dove é possibile usare sia la voce che il suono o canto libero. Vediamo alcuni: 

  • Nella terapia individuale è sempre possibile usare la voce per entrare in contatto con ciò che si sente ed esprimerlo. Inoltre, i terapeuti Gestalt che conoscono la gestione della tecnica della sedia bollente la possono attuare attraverso i suoni. A tal fine la consegna è che focalizzino l’attenzione sul suono che emettono. Sarebbe come dire “canta quello che desideri esprimere”.
  • Si può usare la voce anche in molti esercizi di Programmazione Neurolinguistica (PNL), lavori sulle polarità, circoli di eccellenza, ancoraggio con il suono, etc.
  • Nelle terapie di coppia si possono proporre prima di iniziare, alcuni minuti di rapport attraverso il suono, guardandosi negli occhi. Anche quando la comunicazione verbale risulta difficile, usare delle intonazioni può riportare l’energia alla presenza e all’essenziale. Anche per chiudere una sessione complessa riportando i remi in barca attraverso un canto libero fatto insieme o alcune semplici intonazioni.
  • Con donne e uomini in attesa di un figlio è molto bello anche stabilire un contatto con il bambino attraverso il canto del padre e della madre. Inoltre il padre, che spesso si sente “escluso dal tandem madre-figlio”, può far arrivare la propria voce al figlio in modo consapevole attraverso il canto, trasmettendogli ciò che desidera, amore, tenerezza, accoglienza, speranza, etc., riuscendo in questo modo ad avere un ruolo più attivo di contatto con il bebé.

Requisiti per un terapeuta che voglia usare la voce nelle sue terapie

  • Buona notizia! Non c’è bisogno di conoscere la musica né di avere una bella voce.
  • È necessario avere molta voglia, questo sì, di esplorare la propria voce prima di accompagnare qualsiasi percorso. Solo così si può sperimentare la portata e il potere della voce e del canto libero.
  • Fare molto esercizio di intonazioni, di esplorazione vocale totalmente libera, prendere confidenza con la plasticità della propria voce, andare oltre ciò che già si conosce della propria voce, senza giudizio né pretese…giocare con la voce e l’improvvisazione attraverso il canto libero, esplorare le diverse emozioni percorrendole con il suono e il canto libero….imparare a cantare tutto, perché, 

TUTTO SI PUÒ ESPRIMERE E CANTARE.

  • Esprimere la voce e il canto libero in un gruppo vocale all’interno del quale si lavorino i processi che emergono con una persona esperta. Bisogna tener conto che il gruppo funge sempre da buon catalizzatore dei processi interni, permettendo di addentrarsi in profondità attraverso la voce e lasciando andare il pudore, le corazze e la paura del ridicolo che sono presenti all’inizio.

Descrizione di un caso di accompagnamento terapeutico con la voce

Ci sono tanti casi diversi in cui ho accompagnato processi terapeutici o catartici con la voce.

In questa sessione di terapia di gruppo con la voce, ho chiesto al gruppo di esprimere come si sentiva in quel momento, lasciandosi fluire attraverso la voce e il movimento libero.

Dopo un momento di esplorazione libera ho invitato ad uscire a lavorare chi desiderasse approfondire maggiormente con la voce.

Una donna di mezza età a cui daremo il nome di fantasia di Mariona, uscì e si mise al centro, con l’obiettivo di scavare nei suoi suoni di malessere, dal momento che sentiva molto dolore nella parte superiore della schiena.

Iniziai il lavoro suggerendole che ripetesse quei suoni e movimenti per contattare più da vicino quel senso di malessere. Mariona avvertiva molta tensione nelle spalle e dolore al collo. Le dissi di lasciar uscire il dolore in forma di suono, lasciando che il suono la guidasse dove desiderava dirigersi. Poco dopo iniziò a lanciare grida di rabbia molto acute.

A questo punto del lavoro abitualmente lascio che la persona si senta libera di esprimere ciò che sente al livello che sente, senza frenare, ma al tempo stesso sostenendola da vicino. Questo a volte significa porre una mano dietro la schiena perché percepisca la mia presenza, dal momento che molte volte la persona si trova ad occhi chiusi in uno stato di trance, e non voglio che perda l’equilibrio, ma al contrario desidero farla sentire al sicuro con il mio supporto.

Ascoltando quei suoni nel mio corpo, come se io stessa li producessi internamente, mi affiorò l’immagine di un capriccio infantile, e le chiesi: “quanti anni hai, in questo momento?” e immediatamente Mariona si vide come una bambina di tre anni che faceva i capricci a casa dei suoi genitori. Sentiva molta frustrazione, e urlava a gran voce. Il suo corpo era rigido, con molta forza concentrata nelle gambe, a livello del ventre e nelle braccia. Inizio a prendere a pugni un cuscino, gridando forte, piena di rabbia. Poi, di colpo, si fermò.

Le proposi allora di respirare profondamente e di lasciar uscire un suono mentre le toccavo un punto nel mezzo del petto, dove diceva di sentir molto male. Ad un certo punto iniziò anche a piangere molto intensamente. (Al termine della sessione Mariona mi confidò di aver sperimentato raramente una tale potenza nella sua voce).

In quel momento Mariona non capiva cosa le stesse succedendo e perché si sentisse tanto triste, però percepiva molto dolore ed un senso di abbandono. Si sentiva ancora più piccola, quasi come se fosse un bebé.

Ascoltando nel mio corpo quei nuovi suoni più deboli arrivò l’immagine di una bambina ancora più piccola, e istintivamente la presi fra le mie braccia stringendola al petto e iniziai a cullarla cantando una melodia estemporanea, finché riuscì a consolarla e il suo pianto iniziò a calmarsi. Mariona iniziò a sentirsi meglio.

Al termine della sessione mi disse che era affiorato il ricordo della sua nonna materna, con la quale aveva un legame molto speciale, e ricordò come si addormentasse sul suo grembo ascoltando il battito del suo cuore e con le sue carezze.

Rapport fisico e sonoro nel processo di liberazione emozionale

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